“Deviazione” di Luce D’Eramo

recensione di Mirella Morelli

Quando ho letto Deviazione di Luce D’Eramo per la prima volta avevo circa vent’anni: la stessa età della protagonista, la stessa in cui inizia la storia autobiografica che ci viene raccontata.

Ho letto per la seconda volta il libro mesi fa.

Non sono più una ragazzina. Ma il pugno allo stomaco è stato lo stesso, seppur con diverso sentire.

No, non è di facile lettura questo libro.

A distanza di qualche decennio ne ho avuto la riconferma, sebbene di primo acchitto si legga con foga, cercando di conoscerne l’epilogo.

E, alla stessa maniera, non è di facile resoconto.

Un pugno allo stomaco per la storia narrata così come per lo stile, che Luce D’eramo mantiene oggettivo e quasi distaccato dall’inizio alla fine.

Talvolta odioso, e ributtante per i dettagli fisici e fisiologici: una crudezza che si riflette nella terminologia, nel gergo, costringendo a brevi pause necessarie. Come in quei film, in cui si interrompe la scena perché il pathos è troppo forte da non poterlo sopportare.

Con ansia crescente si riprende in mano il libro, e si ricomincia la lettura, riflettendo.

Ancora oggi ricordo molti particolari, molte descrizioni: è un libro che non si dimentica neanche nei dettagli, per quanto dai miei vent’anni ad oggi Dio sa quanti altri libri ho letto.

Ma Deviazione era lì. Ed è sempre lì, ad ogni Giorno della Memoria.

Duole come una spina nel fianco, un tarlo, un pensiero mai concluso.

Infine quest’anno ho trovato il coraggio – e mai termine fu più appropriato – di rileggerlo.

Un incipit semplice eppure rimasto nella mente:

“È stato straordinariamente semplice fuggire”

E subito viene messo in evidenza da dove si fugge:

“Nel campo di Dachau appartenevo alla squadra adibita a nettare le condutture di scarico della città di Monaco.

Caricati su camionette in plotoni di venti persone, con bastoni e spazzoloni, partivamoogni mattina alla volta della città.”

Inizia così questa storia autobiografica, e non è ancora chiaro che la fuga da Dachau è una fuga della protagonista dall’intera sua esistenza, da una nascita privilegiata, poi da una realtà non condivisa, infine da una Storia che si vorrebbe non aver mai vissuto.

Ma la nostra vita è una – sola consapevolezza – e, anche se dolente, non si fugge da essa.

Fare del proprio meglio per non renderla inutile, sebbene non se ne comprenderà mai il senso, questa la salvezza.

Perchè la realtà è che Luce ha diciannove anni, ed è la figlia diciottenne di un sottosegretario della Repubblica di Salò; è vissuta in Francia e, da lontano, le è stato facile credere ai miti del fascismo con cui è stata cresciuta.

Ma oggi ne ascolta tante, troppe.

Tutto questo può mai essere vero? Tanta crudeltà e tanta infamia, non saranno opera di una fntasia popolare e ignobile e falsata? Se lo chiede, e vuole una risposta certa.

Per noi lettori di oggi tanta incredulità assomiglia all’ignavia, rendendoci subito insopportabile la protagonista: è davvero necessario essere dei novelli San Tommaso, e andare a toccare con mano per credere a tanta conclamata atrocità?!

In effetti Lucia decide di andare a verificare personalmente tutto ciò che vien detto sui campi di concentramento, e sul nazifascismo.

Parte per sua scelta, per sua volontà.

Parte, con dentro lo zaino il ritratto di Mussolini e di Hitler.

Così come era stata cresciuta, così come da sentimenti e umori familiari.

Ma la sua si rivela subito una vera e propria discesa all’inferno.

“Mi hanno detto a Dachau:

‘Bacia per terra che non t’hanno sbattuta in un loro bordello. Diciannove anni, e femmina, che vai a sperare…la libertà nel Terzo Reich?’”

È una storia vera. Tutti gli orrori che narrerà nelle quattro parti del romanzo sono una storia vissuta.

E a narrarla è una donna che ha deciso da un giorno all’altro di abbandonare la propria famiglia borghese, in cui ha vissuto tra agiatezze e certezze, per recarsi in un campo lavoro: lei, piena di fiducia e di ammirazione sia per il fascismo che per il nazismo, mette in discussione tutto, in primis se stessa.

Qual è il coraggio, se non quello della ricerca della Verità, che la nostra Coscienza ci impone?

Il segreto del libro è tutto qui, nel porre la propria autobiografica e disperata esperienza al servizio del Lettore, e della Verità.

Nei decenni successivi si tenteranno molte revisioni, molte negazioni, molte storture.

Si cercherà di rimuovere dalla coscienza collettiva e dalla Storia, ma Luce D’Eramo è lì, a dire: io potevo ignorare, far finta che fosse solo un brutto sogno, alzarmi un mattino e continuare a credere sfrontatamente che era solo un bluff…Invece sono partita, volontaria.

Sono andata a vedere, e non mi sono accontentata di tenermi ai margini!

Un muro è crollato in un bombardamento e io ero lì, e una famiglia era lì sotto le macerie, e io non potevo ignorarla, non potevo più ignorare alcunchè.

Sono andata a soccorrerla e quel muro mi è crollato addosso, spezzandomi la schiena.
La punizione per aver dubitato della Verità, per non aver voluto vedere, per essermi ostinata a proteggere i privilegi familiari in cui ero cresciuta, la punizione è arrivata con quel crollo e con la mia colonna vertebrale spezzata per sempre.

Viva, e costretta perfino a sentirmi graziata dalla sorte, perché in troppi quella salvezza non l’avevano avuta, e non sono sopravvissuti.

“È vero, ne ho solo diciannove ma me ne dimentico sempre.

Poi quando me ne ricordo è come se facessi una scoperta, e un po’ sono felice perché ho tanta vita davanti a me.

Subito però sono triste, mi prende un terrore dell’avvenire, mi pare che non potrò più vivere dopo tutto questo.

(…)

Nei Lager sopravvivono quelli che conservano la direzione morale della propria vita, non c’è via di mezzo. E questo è il bello: qui non puoi barare.”

Il lager visto dunque attraverso gli occhi di una ragazzina, che era una convinta fascista, e che adesso deve fare i conti con quello che ha sotto gli occhi…

Deviazione rifiuta l’ordine cronologico della narrazione, e si compone di più parti scritte in tempi diversi: le prime tre ( Fuga dai Lager, Sotto le pietre e Primo arrivo nel Terzo Reich) sono scritte rispettivamente negli anni ’50, nel 1961 e nel 1975.

La quarta, che ha lo stesso titolo del libro, è del 1977, appena poco avanti alla prima pubblicazione. E in essa Luce d’Eramo confessa le verità sempre taciute, incapace di ammetterle perfino con se stessa.

Dal 1953 al 1977: un arco di ventiquattro terribili anni; quanto la dice lunga sulla gestazione di un libro che è stato un tormento, e un viatico:

Se seguiti così, non verrai a capo né di questo racconto, né di nessun altro!”

Al diavolo la letteratura! – gli ho risposto – Voglio sapere chi sono, chi mi porto dentro nella pelle. Da mezzo secolo, capisci?”

Lo stile tagliente e sincopato non risparmia alcunchè.

Pochi attributi, perchè la realtà si descrive da sé, e quel che conta è ciò che si vede.

Una scrittura che non lascia trasparire emozioni, che sembra quasi filtrata da una voluta freddezza nel ricordo.

Tuttavia non vengono da lei lesinate descrizioni e dettagli sordidi, spesso di funzioni corporee, cosicchè tutto diventa materia, aspetto fisiologico, particolare brutale.

Siamo o non siamo schiavi del nostro corpo? E il nazifascismo non ha voluto dimostrarcelo, con la sua crudeltà, il suo razzismo, le sue torture, le sue umiliazioni fisiche?
E il crollo del muro, con conseguente sua paralisi, non stanno lì a dimostrare ogni fragilità della nostra mente così soggetta al corpo?

La stessa menomazione dell’Autrice è raccontata in maniera brusca e con dettagli spesso sgradevoli, come fosse epilogo dovuto.

C’è stato oblio di questo libro per molti anni, a lungo fuori catalogo, fino a che Feltrinelli ha deciso di ripubblicarlo.

Ritengo che Luce D’Eramo sia una grande scrittrice del Novecento, ahimè forse troppo trascurata dai lettori e dai critici.

Altri romanzi che trattano lo stesso orrore sono diventati ben più famosi, tanto che ne sono stati tratti dei film.

Da Deviazione no.

Ma per chi va al di là della commercializzazione. Per chi va oltre il primo approccio.

Per chiunque, vale una sola considerazione a rendergli giustizia: percorso personale alla ricerca della verità, testimonianza di un difficile cammino dello scetticismo verso la realtà, è utile a combattere ogni sospetto di esagerazioni su quanto attribuito al regime nazista.

“Se guardavo qualcuno, e pensavo che sarebbe morto, facevo fatica a usare la ragione.

Di fronte alla sproporzione tra la cecità degli uomini e il loro annientamento, mi meravigliavo che continuassero a accanirsi, a arrabattarsi, a convincersi di qualcosa.

Li ammiravo per questo.

Come confondergli la verità finale (quella che mi portavo in corpo)? Non restava che distrarli, rallegrarli, dar loro fiducia, restituirgli un esile criterio di continuità: almeno non strisciare, quel poco che si esiste non regalarlo alla paura, all’ansia, alle minute viltà che sbriciolano il niente che siamo”

La lettura di Deviazione non lascia scampo, tantomeno scuse.
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Titolo: Deviazione
Autore: Luce D’Eramo
Editore: Feltrinelli, 2012

Sinossi

Lucia è una giovane donna di origini borghesi, figlia di un sottosegretario della Repubblica di Salò, che è vissuta in Francia e ha alimentato, attraverso la lontananza, i miti del fascismo dentro i quali è cresciuta.

Non solo, ora è convinta che fra le menzogne sul nazifascismo ci siano anche le crudeltà dei campi di lavoro.

Decide di verificare in prima persona e si reca, come volontaria, nei Lager, sicura di poter smentire quelle che ritiene calunnie sulle modalità di trattamento dei “lavoratori” da parte del grande Reich di Hitler.

È allora che comincia una discesa agli inferi, complessa, violenta, che legge l’orrore, lo assume in sé e sembra addirittura “scontarlo”.

Luce d’Eramo ripercorre con Lucia un tracciato di formazione che è stato il suo, un tracciato che tuttora, soprattutto ora (accecati da ogni sorta di revisionismo), suona come avventura della coscienza, testimonianza e grido di allarme.

Deviazione è una storia che guarda in faccia il Male e l’orrore, e che disegna, attraverso una struttura e una lingua saldamente governate, un destino non ancora concluso, tutto ancora confitto nella violenza liberatoria di ogni possibile “deviazione”.

Con una introduzione di Nadia Fusini.