“Sguardi altrove” di Anna Fresu

“Sguardi altrove” di Anna Fresu
Recensione di Maria Cristina Sferra
Mi siedo sulla sponda del tempo
e guardo la vita che scorre.
La vita che è madre, che è padre, che è figlia e sorella.
La vita che sa essere amica e amante, nemica e assassina.
Incontro storie e le vedo con lo sguardo disincantato dell’autrice, le sento attraverso le sue parole misurate, la sua prosa poetica.
Trovo angoli segreti, durezze inaspettate, circolari malinconie. Trovo violenza, miseria, abbandono, paura.
“Quelle nuvole sono un treno preso in corsa senza andata o ritorno. Sono montagne, pietraie attraversate, storie d’acqua e di gelo lasciate alle spalle. Sono macerie, tristi resti di case, di ponti, cocci di piatti, di giochi, di vite, di risa sul volto di sua madre.”
Incontro uomini, donne, bambini, bambine.
Mi siedo sulla sponda del mondo
e guardo dentro le loro vite.
E il mondo è un punto minuscolo nell’universo dove l’emarginazione, il sopruso e il dolore sono di casa, ovunque e in multiformi versioni, così sotto il sole accecante come nelle notti senza luna.
“Sono io quella donna che canta vestita di nero.
Sono io la ragazza finita sotto la pressa.
Sono io la bambina perduta nel bosco e mai ritrovata.
Sono io la studentessa stuprata nel buio di una stazione.
Sono io quel sorriso stolto in una bocca rossa. (…)”
Mi siedo sulla sponda del mare
e ascolto i racconti divenire più lievi, intinti nei ricordi di un’infanzia lontana, colorati di ocra malinconia, profumati di arancio tramonto.
Il viaggio ora volge al ritorno.
Nella mia povera e preziosa valigia conservo tutto il male e tutto il bene del mondo.
“Ora è qui, seduta accanto a me. Gli ultimi raggi del sole affondano nell’acqua. Il loro riflesso le illumina il viso. È bella la morte, quando arriva al tramonto. Mi sembra già di amarla, e ora con la nuova legge ci potremo forse anche sposare. E con lei, sono certa, sarà per l’eternità.”
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Sinossi
Il ricordo dell’infanzia trascorsa in un’isola della Sardegna, con il mare verde e azzurro che apre spazi misteriosi e dolorosamente attraenti, il padre marinaio, la madre narratrice instancabile di storie si mescola con le situazioni dei personaggi africani e sudamericani tratteggiate nei racconti.
Sono vite differenti, ma hanno in comune un destino di emarginazione: infanzie violate, storie d’amore eterne o mai cominciate, soliloqui che cercano il dialogo. Protagonisti anche uomini, ma soprattutto donne che affrontano le avversità della vita con l’innocenza di chi si trova madre prima ancora di diventare donna, con la dignità di chi, calpestato, fa leva sulle proprie forze interiori.