“Nella mia selva sgomenta la tigre” di Moka
Recensione di Maria Cristina Sferra
“Nella mia selva sgomenta la tigre” è una silloge di poesie di Moka edita da Le Mezzelane nel 2018.
Si è mai pronti per entrare a mani nude e cuore esposto nella selva della vita?
Quanto può spaventare l’ipotesi di incontrare la tigre che ivi dimora?
Meglio muoversi fiduciosi oppure essere guardinghi?
“Ti vengo a prendere con quel camper
coperto di foglie e nuvole:
dammi la mano e le paranoie. (…)”
La selva forse è metafora dell’anima e la tigre è custode del sentire selvaggio, poesia primigenia.
Spazio fisico e sentimenti astratti, entità da attraversare per poterle conoscere, quindi domare. E da esse estrarre la linfa di antiche ferite per tradurla in versi.
“La poesia sale
come la fermentazione dell’uva
e del legno aggiustato dalle stagioni,
tra le onde di un Lago remoto (…)”
Mentre avanziamo tra le pagine, sullo sfondo appare di tanto in tanto il Lago, luogo di pace e rigenerazione, zona franca dove sentirsi protetti, rifugio ma anche creatura viva. Quasi un alter ego dell’autrice.
Per lenire il dolore dell’esistenza, nelle liriche non è meno importante lo specchio del sentimento d’amore, mai frivolo, mai sdolcinato. Una presenza salvifica.
“(…) la tua pelle bianca
sarà la mappa della mia notte,
sarà il mio braille
per i mondi che ancora non vedo.”
Camminiamo tra radici di inquietudini che Moka con abilità trasforma in poesia. Siamo equilibristi insieme a lei sul filo del tempo e con lei ci scopriamo pronti a dispiegare le ali della speranza.
La poetessa ci regala istantanee di momenti vissuti, mai troppo descritti, piuttosto con poche parole tratteggiati e con insolite, improvvise dissonanze fissati con destrezza sulla pagina.
“(…) le mie verdi speranze sono piccole ali temerarie
e tentano di raccogliere i frutti
del plumbeo susseguirsi del tempo.”
Uno stile che esplora sia il verso morbido ed evocativo che, a sorpresa, la parola inaspettata e aspra, creando contrapposizioni che si manifestano in nuove forme espressive di grande impatto, ma sempre perfettamente calibrate.
In alcune liriche vi è un uso non convenzionale del punto di vista, che aumenta l’effetto di scostamento dal già noto e costringe il lettore a immergersi del tutto dentro la complessa – a volte misteriosa – visione che la poetessa disegna.
Una cosa è certa: nella selva, quando l’avrà davanti a sé, al lettore sarà impossibile distogliere gli occhi dallo sguardo diretto, profondo, misurato della tigre.
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Sinossi
In ogni selva c’è una tigre che sgomenta, che fa sentire il suo ruggito, che altera il caos della selva in cui vive: nella mia selva la poesia è la tigre, una creatura tormentata e forte, che si lecca le ferite per ricordarne il sapore e sono proprio queste che creano il suo particolare manto a strisce. “In fondo alla radice dei tuoi sogni, dove si nasconde la tigre, là, nei tuoi occhi io ti vedo”.